L’Isola della Fata (Edgar Allan Poe)

Da un punto dei ricorsi e del raggio tematico, il racconto L’Isola della Fata è abbastanza singolare, lo è sicuramente in generale, ma soprattutto per le caratteristiche del grande scrittore Edgar Allan Poe. Malgrado ciò, ci sono dei ricorsi frequenti o addirittura tipici della sua opera. Questa storia è stata inserita nelle suddivisioni chiamate Racconti Fantastici o anche Racconti dell’Impossibile e in Italia è uscita sino ad oggi in molte edizioni, come Bietti, Mondadori, Garzanti, Sugar e Newton

Il racconto è principalmente immaginifico e senza trama, se si dovesse essere obbligati a racchiuderlo in un genere apparterrebbe indubbiamente al Fantasy, ma con uno spunto surrealista piuttosto forte, e molto più povero di una fiaba. L’isola in cui si svolgono “i fatti” , anche se questi si riducono al narratore che osserva un accadimento straordinario, non esiste nella realtà, ed inoltre l’evento descrive la comparsa di una fata.

L’inizio del racconto non è altro che una riflessione generica e filosofica sulla scienza e su Dio, e occupa un discreto spazio completamente slegato dalla storia, introducendo ad una seconda parte più prettamente narrativa dove il protagonista, che è il narratore stesso della storia, assiste all’immagine di una meravigliosa fata, che sospinge una piccola barchetta attorno all’isola. La creatura magica vola delicatamente, e sospinge con leggerezza la piccola barca, apparendo in tutto il suo splendore quando costeggia la parte più bella, rigogliosa e soleggiata dell’isola, ma mutando sempre di più man mano che si avvicina all’altro lato opposto dell’isola, oscuro, adombrato e culminante nel buio. La fata diviene sempre più vecchia e consumata sino a sparire del tutto nella zona tenebrosa. Il racconto riesce a comunicare la sua profonda malinconia. Anche in questo scritto insolito appare uno dei ricorsi tipici di Poe che è lo sfigurare della bellezza, il suo consumarsi, fino alla scomparsa assoluta, ma è anche una rappresentazione su più livelli: la bellezza che cambia sfiorendo col tempo, il giorno che cambia e muta nella notte, le stagioni che trascorrono e mutano la fisionomia delle cose, e così molte altre cose nel ciclo “sferico” della vita. L’introduzione “non narrativa” offre belle riflessioni, non certo utili alla trama, ma è un qualcosa che Poe usa fare anche in altre occasioni. Parliamo chiaramente di un testo molto scarno e con una elaborazione minima, ma vi si trova sicuramente poesia e malinconia, ed è abbastanza ammirevole che Poe sia riuscito a descrivere un concetto ampissimo ma molto semplice, quello delle cose che mutano, con un esempio metaforico efficace e perfetto per descriverlo. Si può quindi dire che L’Isola della Fata, nonostante tutto, sia un buon racconto, magari da leggere come intramezzo tra una storia gotica e l’altra.

Note

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Pubblicato da Pat Antonini

Ha studiato letterature e lingue straniere moderne. Collabora stabilmente con Hyperborea, Centro Studi Eurasia-Mediterraneo, Dragonsword e Punto di Fuga.