Heavy metal, uno spassoso inno animato alla libertà creativa e al piacere dell’immaginazione
Diretto da Gerald Potterton e prodotto da Ivan Reitman, Heavy Metal è un film d’ animazione di genere pulp, dove fantascienza, fantasy, horror, azione, ed erotismo si fondono fragorosamente, in modo irriverente e tutto sommato efficace.
L’opera è una produzione canadese del 1981 che prende spunto dalle pubblicazioni di un’omonima rivista di fumetti francese. Dopo una distribuzione inizialmente accidentata la pellicola è stata recuperata dagli appassionati per poi assurgere al grado di cult, complice una colonna sonora, che proprio come suggerisce il titolo è quasi interamente costituita da brani Heavy metal e hard rock, con qualche escursione nel pop e nel post-punk. La colonna sonora ha inevitabilmente un grande impatto sulla pellicola e può contare su artisti come Black Sabbath, Devo, Journey, Nazareth, Blue Öyster Cult e Dol Felder, autore del brano che dà il titolo al lungometraggio.
Il film prende spunto da contenuti di una rivista a fumetti omonima e rappresenta un perfetto esempio di animazione occidentale rivolta a un pubblico adulto, proposta tra gli anni ’70 e gli ’80 del XX secolo, a cavallo tra i due lavori firmati Bakshi, Friz The Cat, addirittura del 1972 e il fantasy preistorico Fire and Ice del 1983.
Lo stile unisce l’animazione classica, con quelle in rotoscoping e con plastici e modellini. Lo stile del tratto un po’ “ruvido” ricorda spesso quello del celebre videoclip dell’iconica canzone Another Brick in The Wall dei Pink Floyd uscita nel 1979.
L’arrivo nella New York del 2031 di un oggetto luminoso di colore verde è il filo rosso che lega i nove episodi indipendenti che costituiscono il soggetto della vicenda. La misteriosa entità si chiama Loc-Nar e ha una coscienza propria. Questa sorta di asteroide distrugge all’istante chi entra in contatto diretto con esso e la sua presenza fa scatenare le pulsioni più basse dell’umanità, in modo particolare l’avidità e l’istinto di sopraffazione. Nonostante queste premesse nessun intento moralistico o di redenzione è minimamente preso in considerazione, mantenendo invece un tono leggero e dissacrante. Le vicende sono eccessive e fracassone, approdando in alcuni casi vagamente nella dimensione onirica. Allo stesso tempo queste divertono grazie alla loro indole scatenata e imprevedibile, risultando un genuino frutto della fantasia e della creatività messe al potere. Violenza, scene splatter e mancanza di moralità non disturbano affatto in questo scanzonato e divertito gioco dell’immaginazione. I personaggi femminili quasi sempre sembrano essere il frutto dalle conturbanti fantasie erotiche di un adolescente maschio, eppure a tenere insieme la storia sono proprio il candore di una ragazzina e l’eroismo senza macchia di Taarna, ultima superstite di una stirpe di guerrieri e esempio perfetto di personaggio femminile alla Mary Sue. L’impavida combattente è dotata di una sana carica erotica estranea alla lascivia dei caricaturali sexy personaggi femminili comparsi precedentemente. L’immagine di lei che cavalca in volo una sorta di perodattilo, campeggia nella locandina del film, divenendone anche il simbolo. A riprova dell’impatto lasciato nei registi successivi e nell’immaginario collettivo da un’opera comunque di nicchia, il succinto abito dell’eroina ha probabilmente ispirato quello di Leelo (interpretata da Milla Jovovich) in Quinto Elemento, film fantascientifico diretto da Luc Besson nel 1997. Venne realizzato un sequel meno noto nel 2000, ma lo spirito dell’opera riporta proprio alla spregiudicatezza dei primi anni ’80 in cui è stata concepita e realizzato il lungometraggio, sull’onda del periodo di sperimentazione dei ’70. Con le ottenebranti briglie del politicamente corretto, che successivamente sarebbero giunte a castrare la creatività di molti autori, un prodotto così godibilmente “selvaggio” non avrebbe mai potuto vedere la luce.
Note
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