High above, at the edge of the world
We’re searching for glory and peace
When the time has come, you will see
Our return to the land of the free…
Il 29 maggio del 1995, sotto la label Noise Records, con la produzione di Kai Hansen e Dirk Schlächter , usciva il quarto studio album dei Gamma Ray, lo storico Land of the Free, due anni dopo ad Insanity and Genius (1993) e due anni prima di Somewhere out in space (1997). La line up della band composta in questo album da Kai Hansen (Voce e Chitarra) Dirk Schlächter (Chitarra) Jan Rubach (Basso) e Thomas Nack (Batteria) presenta una sola ma importante variazione rispetto al precedente. Ralph Scheepers, cantante fino a quel momento dei Gamma Ray sin dagli inizi di Heading for Tomorrow, lascia la band in buoni rapporti. In accordo con Kai Hansen decide di tentare l’ingresso nei leggendari Judas Priest, e Hansen a sua volta prende la decisione di non sostituirlo, rimettendosi lui stesso in gioco dietro il microfono come ai tempi di Walls of Jericho. Scelta senza dubbio difficile, che tuttavia alla fine a quanto pare ha portato bene. L’Album si fregia inoltre della presenza del famoso Sascha Paeth alle tastiere, produttore dalla brillante carriera (Rhapsody, Kamelot, Epica tra i tanti) e attualmente in forza agli Avantasia come chitarrista.
Il disco racchiude un concept-album che narra la storia ambientata in uno scenario fantasy chiamato “Terra della Libertà“, luogo che è teatro di una drammatica guerra tra gli dei e il diavolo. L’ apertura è affidata ad un brano lungo, Rebellion in Dreamland, quasi nove di musica che diventeranno uno dei grandi classici della band, una canzone riconosciuta come uno dei migliori pezzi del Power Metal. La composizione parte lentamente e prende velocità nel refrain, aumentando ancora di ritmo verso il quinto minuto. Intorno al sesto minuto si avvierà un’eccellente parte strumentale che ci accompagnerà sino ad oltre l’ottavo minuto. Un brano fantastico che tutti dovrebbero ascoltare e che continua giustamente ad essere riproposto dal vivo. Si prosegue con la traccia numero due, Man on a Mission, una speed song ruggente ma allo stesso tempo melodica, con una sola breve pausa che rimanda probabilmente ai Queen, band molto apprezzata da Kai Hansen, più volte citata nelle sue interviste come influenza dei Gamma Ray. La terza traccia dal titolo Fairytale è una canzone fulminea e compatta, in soli cinquanta secondi riesce a condensare un concentrato di melodia e potenza come la precedente, portandoci con entusiasmo alla successiva All of the Damned, un’ottima song cadenzata con un cantato e una parte strumentale da dieci e lode. Anche questa canzone contiene una citazione nelle melodie di chitarra, stavolta tributando agli Eagles e Hotel California. il breve interludio Rising of the Damned alla traccia numero cinque riprende la melodia della canzone che lo precede, e introduce alla selvaggia Gods of Deliverance, brano dalla parte strumentale superlativa, forse il più “cattivo” del disco, pur avendo un ritornello melodico. Alla successiva Farewell spetta invece il compito di proporre il lento, un’ottima ballad epica che da la giusta pausa all’album, anche se non al livello della più vecchia The Silence, presente sul debut-album del 1990 Heading for tomorrow. Qui compare il primo ospite Hansi Kursh a supportare la voce di Kai Hansen nella parte finale della composizione. Dopo la ballad si ritorna alla veloce e furiosa Salvation Calling, che ci scaraventerà ad una delle canzoni simbolo dei Gamma Ray, ovvero la title track. Land of the Free non avrebbe sfigurato se fosse comparsa in uno dei due “Keeper”, è un brano leggendario e una delle più grandi hit del power metal, un vero classico dell’Heavy Metal teutonico. Il breve interludio The Saviour precede un altro pezzo di alta scuola Abyss of the Void, un brano sulla tipologia di All of the Damned, vigoroso e forte ma più cadenzato delle pompate power-fast songs. Anche da brani come questo si comprende lo stato di forma dei Gamma Ray su questo platter, la combo di Amburgo riesce davvero ad essere sempre incisiva. La ritmata Time to Break Free presenta un duetto vocale incalzante tra il secondo grande ospite Michael Kiske e Kai Hansen, con una parte strumentale che forse è tra le migliori di tutto il disco. Il difficile compito di chiudere questo grande album spetta ad Afterlife, un pezzo dedicato al compianto Ingo Schwichtenberg, batterista degli Helloween purtroppo prematuramente scomparso nel 1995. Afterlife è un brano sostenuto e poderoso, forse leggermente inferiore ad alcuni precedenti di questo album, ma pur sempre ottimo.
A mio avviso, Land of the Free è uno degli album più belli del Power Metal e merita di essere accostato ai due leggendari “Keeper pt. 1” e “Keeper pt. 2“. Il mio voto è:
92/100
Note
Nota: In ordine di comparsa la copertina originale del 1995 di Land of the Free, e quella dell’edizione del dell’anniversario dei 25 anni dell’album
The Hard & Heavy by Me – Land of the Free
Dragonsword – Somewhere out in space