
Un esperimento che ha fatto la storia
Nella prima metà degli anni ’80 sull’onda del successo cinematografico di Conan il Barbaro, trasposizione cinematografica che lancia Arnold Schwarzenegger nei panni dell’eroe nato dalla penna di Robert E. Howard, il vulcanico Ralph Bakshi, spalleggiato da Frank Frazetta, si cimenta nella realizzazione di un lungometraggio animato del sottogenere Fantasy dello sword and sorcery. Il risultato è Fire and Ice: un’ora e venti di azione e sognante estasi estetica. In un tardo Paleolitico di fantasia si narra la fine dell’ultima Glaciazione: animali giganteschi e alcuni dinosauri, funghi altissimi, sgherri dei cattivi dalle fattezze scimmiesche, sporadiche apparizioni di tecnologie e manufatti risalenti a epoche successive come navi articolate, zigurrat e articolati palazzi: questo mosaico di elementi è lo sfondo su cui si dipana la narrazione. Buoni e cattivi sono facilmente riconoscibili: il perfido Nekron, agli ordini della madre Juliana, ha poteri magici che gli permettono di manipolare l’elemento del ghiaccio e far muovere i corpi delle persone contro la loro volontà. Madre e figlio comandano il territorio noto come Picco del Ghiaccio e vogliono muoversi verso Sud per conquistare la Torre del Fuoco, regno il cui territorio non ha ancora ceduto allo strapotere del freddo. La Principessa Teegra, figlia del re della Torre del Fuoco, è la protagonista femminile. Sembra la tipica bella donzella da salvare, infatti passa buona parte del tempo addormentata o svenuta, tuttavia in alcune circostante dimostra essere sorprendentemente risoluta. Le inquadrature si soffermano ripetutamente sulle sue curve, ammiccando all’immaginario erotico del pubblico maschile. Il protagonista maschile è un giovane guerriero che non si piega al volere dei signori del freddo: fisicamente, con i capelli biondi la mascella squadrata e una collana di artigli al petto, ricorda Rahan, protagonista di un fumetto francese ambientato nella Preistoria da cui successivamente venne tratta anche una serie animata.I due, capaci di sbrigliare le situazioni difficili e in lotta per la giusta causa di bloccare l’avanzata del potere del ghiaccio, i due finiranno per mettersi insieme nel più classico trionfo dell’amore tra i buoni e belli, il “kalos kai agathois”, modello della letteratura omerica, specchio dei valori aristocratici della società greca arcaica. Tuttavia non sono solo loro a sciogliere il bandolo della matassa ma un sorprendente terzo e misterioso personaggio: Darkwolf, formidabile guerriero la cui parte superiore del volto è coperta dalla pelle di un leopardo, ha anche lui al collo una collana di artigli e che brandisce vigorosamente una letale ascia.
Si tratta del primo film animato ad utilizzare l’allora avanguardistica tecnica del rotoscoping: le scene venivano prima girate con attori reali e su quella traccia gli animatori ricreavano le scene. Il risultato permise un sensibile salto in avanti in fatto di realismo, riscontrando tuttavia risultati alterni, con le animazioni che a volte sembrano goffe e i personaggi talvolta estranei alle pur sontuose ambientazioni. La colonna sonora epica e a tratti pomposa di William Kraft ben si sposa con la natura epica della vicenda, il rapporto dell’uomo con una natura che a volte suscita meraviglia con la sua bellezza e altre spavento con la forza degli elementi naturali e i pericoli dati da animali aggressivi e giganteschi. La contrapposizione tra i due elementi naturali di fuoco e ghiaccio, che dà il nome all’opera emerge solo nel finale, a dimostrazione di una scrittura debole, con dialoghi minimi, ma questa scelta della laconicità delle battute in un’opera così può funzionare, una storia che procede in maniera non troppo lineare senza far luce su punti importanti, come per esempio riguardo l’identità e le motivazioni di Darkwolf, che altrimenti sembra un deus ex machina fuori dal contesto narrativo. Il film fu un fiasco a livello commerciale ma divenne un cult degli appassionati di genere che hanno apprezzato le atmosfere e la carica innovativa: un cartone animato occidentale indirizzato a un pubblico adulto, pur edulcorato di alcuni possibili momenti narrativi scabrosi, era una vera novità. Questo, assieme alla scelta di una tecnica d’animazione che rappresentava una strada quasi del tutto da percorrere, permise all’opera di guadagnarsi un posto nella Storia dell’animazione. Se, senza volersi porre tante domande, per puro gusto di sognare irrazionalmente ad occhi aperti, ci si vuole lasciar trasportare in un mondo duro e puro, caratterizzato di valori netti e arcaici, dal senso di meraviglia allo stesso tempo dato dalla natura e dal soprannaturale e da archetipi semplici ed essenziali, Fire and Ice è un classico senza tempo.
Note e Riferimenti
Internet Movie Database – Fire and Ice (1983)