I Miti Eroici

Sia la coscienza individuale che sociale dell’essere umano ha avuto, sin dagli inizi della civiltà e ovunque nel mondo, un dominatore del suo immaginario rappresentato da quello che si potrebbe definire l’archetipo più diffuso e radicato tra tutti quelli esistenti: L’ Eroe.

Rientra nella natura d’un ragionamento ultra-millenario e atavicamente assimilato, ben poco mutato nonostante sia mutata la società, qualificare l’eroe come quell’individuo incline a cimentarsi nelle prove più ardue, quindi sempre soverchiato numericamente e sfavorito nelle condizioni di sfida. Spesso quest’ultime sono basate sullo squilibrio di un confronto con bestie naturali superiori, o creature sovrannaturali altrettanto imbattibili, rendendo proprio dell’eroe l’impulso al sacrificio che tuttavia è talvolta appianato da aiuti “destinati agli audaci”, come almeno proverbialmente piace far agli dei. Taluni prendono sovente forma di oggetti o armi magiche, l’incontro con straordinari alleati o amici, o il dono di poter disporre di poteri occasionali per avere possibilità di vittoria in compiti il cui adempimento è virtualmente impossibile o insperato.

Vi è tuttavia, tra i tanti dettagli, un tratto ulteriore che oltre al sacrificio e l’audacia è fondamentale nel disegnare il profilo tipicamente eroico; ed è quello della sua funzione di preservatore e conservatore di valori, di rappresentare quindi uno scudo di protezione che respinge forze caotiche esterne in grado di mettere a rischio valori civili, tradizionali e identitari cimentati nello scorrere del tempo e lungo l’esperienza del percorso ultra-secolare di una civiltà. La forza del Caos che si contrappone all’eroe è rappresentata nei miti attraverso le più disparate forme ma reca una minaccia sempre simile; la distruzione della civiltà, della memoria e della sapienza che cimenta il comune pensiero d’un regno, nazione o città-stato. L’eroe può opporsi a nemici malvagi in numero superiore, come briganti o combattenti spietati, regni corrotti e decadenti con mire di espansione; amministratori, cospiratori o sovrani traditori, portatori di ingiustizia, violenza sugli indifesi e corruzione. Ma anche, come sempre effettivamente avviene, a forze superiori naturali, ma soprattutto magiche e sovrannaturali, desiderose di scatenare la loro forza caotica per trasformare l’ordine che lo scorrere delle epoche, nello sviluppo della civiltà e dell’etica ha costituito in un caos unificato e primordiale.

“..Gode la voce alzare per Mnemòsine il cantore ancor vecchio: io le vittorie d’Ercole a cantar m’apparecchio.Vicino a Bromiolargitor di grappoli,vicino alla settemplice ira, ed al flauto libio, sempre sarà che onori le Muse onde il mio pie’ spinsi nei cori.” [1] (Euripide)

Risulta assai difficile trovare un eroe che mostri una completezza tematica – di nemici, scenari, motivazioni – al pari di quella nelle narrazioni straordinarie riguardanti Eracle. Il Figlio di Zeus e dell’umana Alcmena si trova infatti a fronteggiare tutte le incombense che si contrappongono ad ogni eroe; dai gruppi di malvagi briganti umani a creature che rappresentano la spropositata forza della natura, proseguendo verso nemici al di sopra della natura stessa finanche all’aperta sfida verso la più empia magia, come quella della sua persecutrice Era. Anche le circostanze delle sue imprese sono diverse e le motivazioni tanto vaste quanto lo sono le ragioni del pensiero umano. Egli compirà le sue gesta per altruismo, nel proteggere persone, città o regni. Più raramente per opportunismo. Non mancheranno neanche le ragioni di vendetta o desiderio di avventura, che invece sarà preponderante in Simbad Il Marinaio nella silloge delle Mille e Una Notte, avventuriero antico che come pochi altri rende partecipi i lettori della sua saga del noto concetto di “Sense of Wonder”.

Nel caso più menzionato, quello delle Dodici Fatiche, vi saranno per Eracle anche le ragioni della costrizione, inflitta dal malevole Euristeo che vincolerà l’eroe tebano a prove di complessità straordinaria, nondimeno quelle della follia, che irreparabilmente sfreggeranno il suo amore con Megara. Oltre ad affrontare poderose bestie naturali o aberranti creature magiche, Ercole scenderà perfino nell’Ade nell’ultima fatica, nonchè mettere a dura prova orgoglio e arbitrio in altre precedenti, come nell’impresa del Giardino delle Esperidi o quella delle Stalle di Augia; due tra le gesta meno citabili rispetto ad altre ben più entusiasmanti del “dodecalogo eroico”, come quelle dell’Idra di Lerna o dell’invulnerabile Leone di Nemea, eppure significative anch’esse.

Le vicende di Eracle rappresentano senza dubbio una delle fonti più ricche e significative per i futuri romanzi epici e avventurosi protratti nel tempo sino alla moderna fiction fantastica e epica. Gli altri eroi preponderanti della mitologia greca rappresentano anch’essi i tropi del viaggio dell’eroe assumendo, nei vari casi, sfumature epiche nella vittoria, con il raggiungimento in alcuni casi dell’immortalità; o tragiche, in un finale di vita fatale, ma tutti sono accomunati dallo spingersi fuori dalla loro quotidianità per entrare in una realtà straordinaria, per affrontare poi un nemico superiore e ritornare alla via di casa arricchiti spesso con la conquista di un tesoro o di un oggetto magico come simbolo d’una qualità ottenuta, o altre volte quella stessa qualità assume una resa effettiva e non simbolica. Caratteristiche del genere riguardano certamente anche Perseo, Ulisse, Belleforonte, Teseo e Prometeo.

La Fatica di Eracle riguardante il Giardino delle Esperidi fornisce senza dubbio un pretesto per ravvisare una similarità dell’impresa d’un personaggio non propriamente classificabile tra gli eroi, vale a dire Loki, che nello Skáldskaparmál, lungo la seconda parte dell’Edda sarà complice del rapimento di Idun rubando anche le sue mele magiche, per poi prodigarsi nel rimediare alla sua stessa malefatta. L’ambiguità di Loki ne qualifica di certo i suoi antichi tratti antieroici che tuttavia talvolta si rintracciano anche in eroi canonici. Nel tener fermo il punto di riferimento dell’Edda è sempre nello Skáldskaparmál che troviamo invece in Thor un eroe di importanza iconica, seppur egli sia a tutti gli effetti divino e non semidivino, impegnato in tal contesto contro i giganti di Jotunheimr; prima nel combatter con il gigante Hrugnir, che al magico Mjollnir rispondeva con la sua minacciosa pietra cote, poi con Geirrod, che Thor affrontò con un magico bastone, la Cintura della Forza e i Guanti del Potere, proprio come Perseo si munì dello Scudo e dei Sandali Alati contro la Gorgone Medusa. Sia Thor che Perseo rispettano uno schema frequente per un eroe, quello di ridurre il loro svantaggio contro un nemico quasi imbattibile con armi o oggetti che solo gli audaci sono meritevoli di usare. Nella sua lunga saga, caratterizzata da numerose gesta, Il Dio del Tuono, più che trovare dei corrispettivi omologhi nei vari pantheon si rende simile nella condotta virtuosa e nel suo ruolo di protettore degli umani ad eroi con inclinazione messianica, come potrebbe essere lo stesso Ercole, Cuchulain, Gesù Cristo, il persiano Rostam e Gilgamesh.

Nelle loro diversità, i personaggi summenzionati muovono i loro passi su una parallela allineata dalla natura messianica. Pur non avendo le stesse ampiezze di Eracle, Cuchulainn e Gilgamesh rappresentano due eroi di assoluto significato. Il primo congiunge gli eroi semidivini di tipologia messianica con gli Eroi dal “futuro fatale” come Achille o lo stesso Gilgamesh. Egli proteggerà l’Ulster dalle invasioni della Regina Medb a guida delle armate del Connacht. L’eroe dell’Ulster condivide con Achille la sua Riastrad ¹, il tenore da condottiero e un fato avverso profetizzato dopo le sue vittorie, ma almeno un pizzico di quella ferocia parrebbe averlo alleggerito verso Conall Cernach , eroe non certo famoso come i menzionati sino ad ora, ma che vanta la “collezione di teste mozzate” più vasta rispetto ad ogni altro ². A sè stante è anche Gilgamesh, un eroe di stirpe semidivina contraddistinto al principio dalla sua rivalità con Enkidu, col quale poi diverrà alleato per affrontare il mostruoso custode della foresta Khubaba. Ma sarà in seguito che il re di Uruk affronterà il suo reale nemico, la paura della morte che ne condizionerà i comportamenti che diverrano una serie di azioni escapistiche. L’eroe sumero affronterà il diluvio e il viaggio per apprendere il segreto dell’immortalità, collocando anch’esso, pur in maniera differente da Cuchulainn, come via di mezzo tra gli eroi messianici e semidivini e gli Eroi di stampo achilleo, tenendo conto certamente dell’improprietà di quest’ultima affermazione essendo Gilgamesh antecedente allo stesso Achille.

“..Immaginiamo quindi gli archetipi come i modelli più profondi del funzionamento psichico, come le radici dell’anima che governano le prospettive attraverso cui vediamo noi stessi e il mondo. Essi sono le immagini assiomatiche a cui ritornano continuamente la vita psichica e le teorie che formuliamo su di essa.”  (James Hillman) [2]

L’attributo messianico che si riconosce in alcuni protagonisti mitologici è talvolta fondamentale per chiarire le categorie (1) varie degli eroi nelle quali riconosciamo:

Eroi Guerrieri: che basano la loro vita su ardue gesta contro creature straordinarie o nemici difficilmente battibili, rendendosi memorabili per la difficoltà delle loro avventure. Tra questi, potremmo tornare a menzionare Achille e Cu Chulainn come esempi.

Eroi Fondatori: le cui gesta spesso, anche quando simili a quelle degli Eroi Guerrieri, incidono sulla mentalità del Regno, nazione o città-stato, diventando riferimento imperituro e inossidabile nella cultura regionale o locale o per opposta simmetria, quando invece esploratori, segnano punti fermi nelle mappe anche in terre lontane e leggendarie. Tali eroi incarnano anche la legge e la tradizione paterna, o estensivamente della loro casa e famiglia. Ulisse, Artù Pendragon, Beowulf sono tra i citabili in questa categoria.

Eroi Asceti: sono questi quegli eroi che si distinguono per santità e volontà, la loro integrità genera proseliti e la loro sapienza filosofica ne conferisce il ricordo nel tempo. Opportuno dire che su quest’ultimi viene esercitata anche una lettura volta a considerare il loro aspetto “non combattente” e “rinunciatario” verso il mondo, fattore che probabilmente è stato utile per generare quella classe di eroi non guerrieri sviluppati nella successiva letteratura e fiction nei giorni odierni. Riconosciamo in Gesù Cristo un grande esponente della categoria.

Eroi Seduttori: coloro che, oltre ad essere prodi e audaci, sottolineano la loro abilità e capacità come amanti e nella conquista amorosa. Giasone era indicato tra questi da Dante Alighieri, e Lancilotto del Lago, pur nei suoi tormenti, non può estranearsi da quest’area.

Non sempre tali categorie sono ripartite separatamente a ciascun eroe, al contrario è lampante la polivalenza di Gilgamesh, noto già al principio della sua saga come fondatore di Uruk da lui governata in maniera a dir poco autoritaria e non priva di malcontento, ma anche come avventuriero desideroso di sconfiggere nemici considerati imbattibili, nonchè “spietato” amante.

“..Egli è grande, possente, esperto e glorioso, ma non lascia libera la fanciulla col marito!. Della figlia del guerriero, della moglie del giovane, i lamenti prestarono ascolto gli dei.” (Anonimo) ³ [3]

Ancor di più, nel parlare di eroi eclettici, la caratteristica polivante appartiene ad Eracle, pienamente rientrante negli Eroi Guerrieri per la difficoltà e memorabilità straordinaria delle sue gesta, ma con numerose conquiste amorose accumulate lungo le sue avventure, appartenente altresì anche ai grandi fondatori, nella sua radicazione verso la città di Tebe e la sua segnatura geografica nell’ignoto occidente, puntato dalle colonne nella regione di Gibilterra. Lo stesso Eracle, genera una “Stirpe Speciale” che si forma dall’unione tra lui e Deianira, ma nei quali confluiscono anche i Tespiadi⁴. Si ha un qualcosa di simile con altri eroi come Perseo, capostipite della sua casa e quindi dei Perseidi, con Fionn Mac Cumhail e la sua stirpe di guerrieri elitari, o Yngwe, figlio di Manno, che nelle foreste e nelle brughiere del Nord della Danimarca da vita alla stirpe degli Ingaevoner, suoi primogeniti capostipiti di popoli e case, come la Casa degli Ynglingar, clan sito in svezia, il Regno degli Yngvi citati nel Beowulf come popolo capeggiato da re Hrotghar, ma anche addirittura di Tribù come Danir, Sviar, Juti, Frisi e Cauci.

“Il mito dell’Eroe si rivolge alla vita immaginativa di ogni essere umano ed è molto importante per la nostra civiltà, per la sua stessa continuazione. Perché è la forza immaginale che ispira le grandi imprese per il bene pubblico. Perché ridà vitalità all’immaginazione archetipica manifestata dai popoli di tutto il mondo.
Perché protegge dal nichilismo del materialismo e dalla mercificazione capitalistica dei valori.”
(James Hillman)

James Hillman, filosofo, saggista e psicoanalista, approntò questa efficace e veritiera sintesi alle profondissime, capillari e ineguagliabili ricerche di Joseph Campbell che nelle sue numerose pubblicazioni molte volte espresse la sua visione dei miti come spirito ed elemento fondativo di ogni società. Le soluzioni che Campbell rintraccia nel mito ci portano certamente alla riflessione con cui si è iniziato ad affrontare questa sintetica panoramica, ovvero che l’Eroe, ancor prima d’esser un audace avventuriero è un dominatore dell’immaginario sociale, protagonista dei sogni della società di un regno, nazione o città-stato e quindi preservatore della sapienza della civiltà che vive in equilibrio con la natura. L’Eroe quindi è protezione erettasi contro sovrumane forze che intendono ricomporre la primordialità del caos agendo in opposizione all’immaginario dei popoli.

Invece di ripulire il proprio cuore il fanatico vuole ripulire il mondo […] Nei sogni le forme sono stravolte dalle peculiarità del sognatore, ma nel mito appaiono soluzioni chiare e valide per tutta l’umanità…” (Joseph Campbell) [4]

Potrebbe sorprendere che in fin dei conti, una maggiore immediatezza verso questa definitiva conclusione si trovi in Omero, che per bocca di Odisseo, personaggio che non certo si è accontentato di radicarsi alla sua località, esprime concetti più definitivi rispetto perfino a chi tutt’ora si spinge alla sua interpretazione.

 

Nulla è tanto dolce quanto la propria patria e famiglia, per quanto uno abbia in terre strane e lontane la magione più opulenta…” (Omero) [5]

 

 

 

Note Bibliografiche, Note Varie, Approfondimenti e Fonti

[1] Troiane, Eracle di Euripide, A Cura di Laura Pepe, Mondadori, Oscar Classici Mondadori, 1994

[2] Revisione della Psicologia di James Hillman, Tradotto da Aldo Giuliani, Adelphi, 1992

[3] L’Epopea di Gilgamesh  (Anonimo, Introduzione di N.K. Sandars, Adelphi, 1986)

[4] L’Eroe dai Mille Volti di Joseph Campbell, Lindau, 2016

[5] Odissea di Omero, A Cura di A.G. Privitera, Oscar Classici Mondadori, 1991

¹ Frenesia della battaglia

² Svariate sono le teste che Conall ottiene con la sua spada, tra queste quella di Anuàn, fratello di suo zio Cet Mac Maghac, non meno importante è quella di Mes Gèdra, re del Leinster, ma le più note sono quelle mozzate ai due assassini dello stesso Cuchulainn: Lugaid mac Con Roí e Erc mac Cairpri. Quest’ultima rende Conall uno degli eroi “minori” più importanti e decisivi di sempre. Si ritiene interessante menzionare che una delle rare avventure delle mitologie celtiche ambientate fuori dalle zone irlandesi e britanniche è vissuta proprio da Conall Cernach in Lombardia.

³ la redazione di Gilgamesh trovata nel palazzo di Re Assurbanipal a Ninive (Impero Assiro) è attribuita allo scriba ed esorcista Sîn-lēqi-unninni

⁴ 50 figli che Eracle ha generato con le figlie di Re Tespio, sovrano del regno di Tespie

(1) Nota Importante: La suddivisione delle quattro categorie è una sintesi delle varie suddivisioni, talvolta variabili nelle terminologie, reperibili in vari testi.

 

Pubblicato da Pat Antonini

Ha studiato letterature e lingue straniere moderne. Collabora stabilmente con Hyperborea, Centro Studi Eurasia-Mediterraneo, Dragonsword e Punto di Fuga.