Siamo nel pieno periodo di Halloween e poco più di un anno fa usciva un album davvero molto atteso, accompagnato da una situazione “festosa” dal sapore del grande ritorno, non solo perchè la storica band tedesca “quasi omonima” della festa delle streghe tornava dopo sei anni a pubblicare un album, ma anche perchè Kai Hansen ritornava alla chitarra dopo aver lasciato la band nel ’90 per fondare i Gamma Ray, e con lui Michael Kiske, che uscì dopo aver pubblicato il discusso Chamaleon (1993) riprendendo quindi il suo ruolo in questa ultima fatica. Un vero tripudio per i fan.
Avevo affrontato una recensione del disco anche su The Hard & Heavy by Me ed ero andato un pochino controcorrente, perchè ebbene si, lo ammetto sperando di non farvi arrabbiare, questo album “mastodontico” (circa 73 minuti) non mi ha fatto impazzire. Per quanto mi sia sforzato dopo aver letto le tante recensioni entusiastiche, al suo interno non ho trovato nulla che andasse oltre ad una sorta di mega lusinga al grande fan degli Helloween. Questo non è per forza un male , a patto che non diventi però un qualcosa che porti un album a replicare alcuni difetti del passato nascosti sotto il tappeto dietro a tutta la grandezza festosa della situazione: artwork sensazionale, l’atmosfera del grande ritorno, la lunghezza estrema delle canzoni, i due cantanti e mezzo (se non tre cantanti). Ma alla fine mi sono detto:
“ok, visto che siamo ad ottobre e continuano a piovere pareri positivi per questo disco anche a distanza di oltre un anno, sarà forse è il caso di ripetere un attento ascolto, magari il periodo di Halloween potrebbe suggerire qualcosa di nuovo che mi era sfuggito”
Eccoci quindi anche qui su Dragonsword, di nuovo alle prese con questo album che, pur essendo ormai uscito da un anno e quattro mesi fa, rimane protagonista della scena un po’ come se fosse uscito ieri, ed in fondo ci sta, parliamo pur sempre degli Helloween.
Dopo ben sei anni da My God-Given Right gli Helloween tornano con un disco nel giugno 2021, sostenuto dai vari appuntamenti live come quelli a Wacken e del Pumpkin United Tour, ulteriormente ingrandito con lo United Forces Tour con cui Helloween e Hammerfall hanno già pianificato tutto il 2023. L’entusiasmo non sembra cessare, la copertina dell’album si mostra già bellissima e piena di rimandi come le chiavi del “custode magico” dei tempi dei “Keeper” o gli anelli di Master of the Rings. Le tracce presenti sul disco sono 12 e la formazione è composta da una line up che in fatto di “ricchezza” è senza precedenti: Andi Deris (voce) Michael Kiske (voce) Kai Hansen (chitarra e voce aggiuntiva) Michael Weikath (Chitarra) Sascha Gerstner (chitarra) Markus Großkopf (basso) e lo svizzero Daniel Loeble alla batteria. Ho impiegato tantissimo a recensire questo album e non solo per il mio “vizio” personale di ascoltare tantissime volte un disco prima di parlarne, ma anche perché le idee che maturavo erano diverse da quelle che leggevo sia nei normali commenti che negli articoli specializzati.
L’ album vanta senza dubbio una buona alternanza della durata delle songs e degli stili, la suddivisione dei compiti per le voci è prevedibile ma dosata bene, il sound di Charlie Bauerfeind è tipicamente da heavy-power tedesco ed è perfetto per un lavoro degli Helloween, bellissimi guitar solos, le prestazioni vocali studio eccellenti e in generale c’è un concepimento di base molto inquadrato, ma un album “ben costruito” e “ben strutturato” di una band esperta come gli Helloween non è per forza anche un “album bello” nel senso stretto del termine.
Andando in ordine, Out for the Glory parte alla grande, è molto lunga ma ci riporta ai tempi dei due “Keeper”. Anche Fear of the Fallen è una grande canzone, con un ottimo Deris ad impreziosirla. Best Time è un altro brano eccellente, coinvolgente, ma subito dopo vengono le note dolenti. Mass pollution, Angels, Rise without chains, Indestructible, Robot King e Cyanide sono canzoni che non riescono per niente a restare al livello delle prime tre. C’è una discreta risalita con la parte finale. Down in the Dumps, (divisa dalla successiva dall’interludio dal titolo Orbit) e la super-canzone hanseniana Skyfall sono due pezzi ben riusciti. in sintesi la parte del grande Power Metal altisonante e quasi fiabesco che rimanda ai due “Keepers” è l’unica parte veramente riuscita, ed occupa le prime e le ultime canzoni, mentre è abbastanza sottotono sia quella Heavy Power più violenta stile inizi ’90 affidata principalmente al cantato più cupo di Deris e l’altra allegra e stornellata che è invece la parte prettamente tedesca di Weikath, con l’unico problema che queste altre due anime sono tutta la larga zona centrale del disco. Il livello di disparità tra tutti i brani centrali e quelli iniziali e finali è troppo eterogeneo e rende tutto il gruppo di mezzo trascurabile. Questo non significa che sparsi qua e là non ci siano buoni solos, bei refrain, cose carine, citazioni ai Gamma Ray o particolari apprezzabili, ma è un po’ tutto l’insieme che sotto al manto di festa magnificenza sembra non andare del tutto a buon fine.
Paragonare questo album a Keeper of the Seven Keys Pt.1 e Pt. 2 sarebbe ingenuo, e infatti non scomoderò affatto questo confronto. Il vero problema è che anche riascoltando altri buoni album anch’essi con alcuni difetti come Master of the Rings, The Time of the Oath, Better Than Raw, The Dark Ride ciò che viene fuori è che questi sembrino abbastanza superiori all’ultimo album degli Helloween. Come nota positiva si può dire che Helloween non è certo il peggior album della band ed è perfetto per i fan più sfegatati, pronti a godere della grande “festa” e dell’autocelebrazione che è tutto sommato l’anima di questo ultimo platter, ma purtroppo, il voto e le impressioni che avevo già avuto sono riconfermate. A mio parere l’album non riesce ad andare oltre ad un:…
75/100
Note e Link
The Hard & Heavy By Me – Helloween (2021)
Dragonsword – Keeper of the Seven Keys pt.1 e pt. 2