Artefici del Fantasy: Identità ed Editoria di Genere negli Anni ’50

Sulla storia della Fantasy Moderna è fiorita, in tempi recenti, una vasta letteratura che ne individua nel mito antico, nell’epica e nella tradizione dei poemi cavallereschi alcune delle principali radici culturali; inoltre, gli apparati critici ormai a disposizione mettono i lettori in condizione di apprezzare le opere che, più di altre, hanno segnato lo sviluppo della narrativa fantastica.

A giudizio di chi scrive, tuttavia, non sono stati disaminati a sufficienza i rapporti intercorsi fra gli autori, le opere e l’editoria di genere che hanno determinato, nel corso degli anni, una presa di coscienza del Fantasy come genere ben distinto dagli altri campi della narrativa d’immaginazione.

Senza avere la pretesa di essere esaustivi, e con un approccio di carattere aneddotico, in questo articolo andremo a considerare le direttrici storiche della formazione di una cultura del fantastico. Occorre puntualizzare, inoltre, che la trattazione sarà limitata agli sviluppi del fantastico statunitense di cui si osserveranno gli elementi di continuità e di rottura con la produzione pre-bellica apparsa sui pulp magazine.

 

Dal Pulp al Digest Magazine

Quando nasce il Fantasy come movimento culturale?

Badate alla domanda, amici di Dragonsword, in quanto non ci stiamo interrogando su chi sia stato il primo genio creativo ad affrontare le infinite possibilità dell’impossibile – possiate scusarmi il gioco di parole – ma su quando l’opera dei primi maestri del fantastico abbia preso a circolare con insistenza fra lettori ormai in grado di riconoscersi come membri di una comunità dotata di una propria identità.

Nella seconda metà degli anni ’50, a poco più di mezzo secolo dalla pubblicazione del romanzo The Wood Beyond the World (1894) dell’inglese William Morris, considerato dalla critica contemporanea come il padre della Fantasy Moderna, l’esplorazione della narrativa fantastica aveva raggiunto vette tali da dare alle stampe pietre miliari come The Lord of the Rings (1954-1955) di J.R.R. Tolkien e The Broken Sword (1954) di P. Anderson. A dispetto di tale maturità, le pubblicazioni di Fantasy ancora faticavano a distaccarsi dagli spazi editoriali che lo accomunavano alla fantascienza [1].

In un periodo storico caratterizzato dall’avvento della televisione come nuovo mezzo di intrattenimento negli USA, la popolarità dei pulp magazine scemò a fronte, soprattutto, della crisi della filiera della carta durante il periodo bellico: solo poche testate sopravvissero agli anni ’40 – fra cui Weird Tales che cessò la pubblicazione nel 1954 – e nessuna di queste riuscì a tornare ai fasti dell’età dell’oro.

Il trapasso del pulp verso il nuovo formato del digest magazine fu sostanziale, soprattutto nelle intenzioni: riviste come The Magazine of Fantasy & Science Fiction (1949-presente) miravano a dissociarsi dall’immaginario pulp per attrarre lettori di periodici come The New Yorker o The Saturdary Evening Post [1]. Si assistette così alla proliferazione di riviste di cui soltanto un numero relativamente ristretto, oltre al già citato The Magazine of Fantasy & Science Fiction, si dedicarono alla pubblicazione di narrativa breve Fantasy: fra queste ricordiamo principalmente Fantasy Magazine (4 numeri, 1953), Beyond Fantasy Fiction (10 numeri, 1953 – 1955) e, almeno per pochi anni prima di rivolgersi alla fantascienza, Fantastic (208 numeri 1952 – 1980).

Nessuna di queste iniziative, tuttavia, riuscì a ravvivare in maniera duratura l’interesse verso la narrativa fantastica [2]. Mike Ashley, editore ed esperto della storia della narrativa d’immaginazione, il Fantasy fu pressoché «un anatema per il mercato delle riviste USA della metà degli anni ’50 [1].»

Beyond Fantasy Fiction (Marzo 1954); la rivista fu caratterizzata da illustrazioni di copertina a tema surrealista

Wollheim, Greenberg e Sprague di Camp

L’estinzione dei pulp magazine metteva in pericolo l’enorme patrimonio di narrativa breve prodotto negli Stati Uniti essendo disperso fra riviste di difficile reperibilità.

Fra coloro che recuperarono tale materiale spicca il nome di Donald A. Wollheim (1914-1990) che per lasciti possiamo definire uno degli editori più influenti della narrativa di immaginazione americana del XX secolo: a lui si devono, solo per citare alcune iniziative pioneristiche, la pubblicazione dell’antologia The Pocket Book of Science Fiction (1943) che riporta per la prima nel titolo la dizione ‘science-fiction’ e l’introduzione dei romanzi doppi in formato tete-beche con Ace Books (1952-1978). Come si vedrà a proposito degli anni ’60 Wollheim contribuì da protagonista a consolidare la notorietà dell’opera di Tolkien negli USA spianando, di fatto, la strada al successo commerciale della Fantasy Moderna [3-4].

Nel 1947 per conto della Avon Publishing Wollheim editò la serie Avon Fantasy Reader (18 numeri, 1947-1952) costituita da una antologia, antesignana nel suo genere, che ripubblicò in formato digest testi precedentemente apparsi su Weird Tales, enfatizzando le opere di H.P. Lovecraft – con cui Wollheim stesso ebbe una corrispondenza diretta – e di Clark Ashton Smith, o di altre riviste come Adventure e Blue Book; la sua selezione non si limitò alla sfera del pulp ma importò opere di autori inglesi come Lord Dunsany, A. Blackwood e W. H. Hodgson, tutti autori che anche al giorno d’oggi meritano di essere riscoperti.

Avon Fantasy Reader n.18 (1952); copertina tematica dedicata a un racconto di R.E. Howard

Wollheim, comunque, non fu l’unico a dare continuità alla scuola americana del fantastico.

L’immediato dopoguerra segnò l’apparizione della piccola editoria che mirava, per lo più, a ristampare in libri di alcune migliaia di copie i classici della fantascienza apparsi sui pulp magazine [5]; il fenomeno interessò in misura minore anche la Fantasy come nel caso della Gnome Press, casa editrice fondata nel 1948 da David A. Kyle che possedeva una macchina da stampa di famiglia, e da Martin Greenberg il quale di ritorno dalla guerra aveva scoperto la vendita della sua intera collezione di magazine da parte della madre [6].

Sulle prime l’attività della Gnome Press si concentrò sul fantastico con la pubblicazione del romanzo The Carnelian Cube: a Humorous Fantasy (1948) di L. Sprague De Camp e F. Pratt; ben presto, tuttavia, Greenberg e Kyle s’avvidero che la fantascienza poteva essere un mercato ben più redditizio: Greenberg fu una personalità audace, in grado di attrarre in pochi anni autori di prim’ordine come Asimov – che diede alle stampe con la Gnome Press la raccolta di racconti I, Robot (1950) e The Foundation Trilogy (1951 – 1953) – J. Williamson e A. Norton; nondimeno, alcune manovre economiche troppo disinvolte, come il prestito contratto allo scopo di trasferire la sede dell’impresa a New York, allora cuore pulsante della fantascienza americana, portarono la Gnome Press in cattive acque intorbidendo i rapporti con tanti autori che rimproverarono a Greenberg il mancato riconoscimento delle royalties.

In quattordici anni di attività, la Gnome Press può essere considerata una meteora del mercato editoriale americano in grado, comunque, di lasciare un’eredità duratura ai propri lettori. Sul versante della Fantasy l’iniziativa di maggior rilievo fu la ristampa, per la prima volta in formato cartonato, del ciclo di Conan il Barbaro di Robert E. Howard. Il ciclo fu raccolto in sette volumi, di cui l’ultimo (The Return of Conan, 1957) era in realtà un pastiche di L. Sprague de Camp e di B. Nyberg volto a estendere le avventure canoniche del Cimmero.  L’intera operazione non fu scevra di controversie in quanto parte del materiale di Howard fu rimaneggiato così da trarne nuove storie (Tales of Conan, 1955) aventi come protagonista Conan snaturandone il carattere originario di avventure a sfondo storico [7].

La serie di libri dedicata a Conan editi dalla Gnome Press

Critiche a parte, la ricomparsa di Conan diede nuovo impulso al fantastico americano: consideriamo che uno scrittore come L. Sprague De Camp, già all’epoca una delle firme consolidate della rivista Unknown grazie all’ucronia Lest Darkness Fall (1939) pubblicata in solitaria e alla serie The Incomplete Enchanter (1940) redatta in collaborazione con F. Pratt, era entrato a contatto con il ciclo di Conan grazie al primo volume dell’edizione Gnome Press regalatagli, fra l’altro, dall’amico F. Pratt.

L’incontro con i temi howardiani accentuò quella svolta verso la Fantasy iniziata con la serie di Harold Shea. Di De Camp conserviamo un ritratto interessantissimo lasciatoci da Lin Carter nel 1973 [8]: «De Camp è quello che noi scrittori di spada e stregoneria dovremmo essere, ma raramente siamo. Lui sa cavalcare e sparare ed è un esperto schermidore. È un giramondo inveterato, e conosce molte terre, molte lingue e molte culture. È un profondo conoscitore di storia, archeologia, scienze occulte, letteratura e mito.» Non ci stupisce, quindi, che un autore con un tale pedigree non si limitasse semplicemente a leggere e apprezzare Howard, ma entrasse attivamente nel ruolo di curatore dell’antologia della Gnome Press decidendo perfino di scrivere un’opera nella tradizione di Conan; De Camp criticò le incoerenze tecnologiche dell’età hyboriana di Conan ed ebbe la pretesa autoriale di rettificarle nella stesura della raccolta The Tritonian Ring (1951): nel ciclo pusadiano non troveremo cavalieri in armature medievali ma carri guidati da uomini armati di picche che richiamano l’età del bronzo dell’area mediterranea [9].

A dispetto di tale rigore d’ambientazione, l’opera decampiana ha una resa del tutto differente dall’era hyboriana di Conan, di cui comunque si ritiene figlia, in quanto dimostra la propensione dell’autore a creare personaggi ingegnosi piuttosto che eroici; ad ogni modo, tale differente sensibilità non impedì affatto a De Camp di entrare nel novero di quelle figure chiave attraverso cui, negli anni ’50, la Fantasy americana indirizzò il proprio corso.

The Tritonian Ring 1° edizione, Twayne Publisher 1953

George Heap, Ancalagon e il problema della definizione

Fatto di grande importanza, oltre che influenzare direttamente la produzione degli anni ’50, il revival della narrativa eroica di Howard agì come elemento polarizzante dell’ambiente fantastico americano che si aggregò in un gruppo organizzato costituitosi nel 1955 con il nome di Hyborian Legion; fra i suoi primi membri, oltre ai già citati Greenberg e De Camp, riscontriamo anche George Heap, già segretario della Philadelphia Science Fiction Society [10].

Heap scrisse quello che possiamo considerare un manifesto della Hyborian Legion che terminava con l’intenzione di riunire a Philadelphia tutto coloro che erano interessati al fantastico howardiano.  «Sembra che ci sia un buon numero di ammiratori di Conan oggigiorno» notava, includendo nella sua osservazione i lettori di vecchia data, quelli dell’era di Weird Tales, ma anche coloro che avevano riscoperto Conan tramite la ristampa della Gnome Press [11]. Con l’intento di tenere conferenze e dibattiti, la Hyborian Legion rimase in attività fino al 1980, riunendosi regolarmente alle convention annuali di fantascienza; il club ebbe perfino una sua rivista intitolata Amra che nella sua prima – e unica – tiratura del 1955 fu poco più che un bollettino.

Manifesto scritto da George Heap, si noti che in questo primo documento, il club portava il nome di ‘Conanians’

Cosa assai interessante, Amra venne riesumata diversi anni più tardi stavolta sotto la direzione editoriale di George Schithers mantenendo, tuttavia, una numerazione coerente con la passata edizione di Heap [6]: questa seconda della rivista ebbe una notevole diffusione che le valse, nel 1964 e nel 1967, il premio Hugo come migliore fanzine [12].

A George Heap possiamo ascrivere un discreto numero di fanzine di natura effimera ma di grande interesse per il periodo che stiamo prendendo in considerazione [13]. Prendiamo, ad esempio, Ancalogon ovvero una fanzine di brevissima durata – appena tre numeri – che già dal nome tradisce la volontà di ampliare il discorso della sword&sorcery verso la fantasy epica [14].

Il primo numero di Ancalagon, datato marzo 1961, è quasi interamente occupato dall’articolo On Fantasy Adventure; in esso Heap ragiona sulle caratteristiche fondanti dell’avventura fantastica – che noi, oggi, con una terminologia posteriore chiamiamo Fantasia Eroica – escludendo dal perimetro di quest’ultima narrazioni come la storia sovrannaturale basata sui fantasmi, l’avventura haggardiana incentrata sui mondi perduti e quella burroughsiana su altri pianeti. Nell’opinione di Heap l’avventura fantastica deve contenere tre elementi, ovvero un’abbondante dose di sovrannaturale ascientifico ben rappresentato dall’elemento magico in tutte le sue sfumature, un livello culturale antecedente all’alto medioevo e infine un’adeguata profondità dell’ambientazione, intesa quest’ultima come l’insieme della storia, del folclore, della politica e della cultura caratterizzante i popoli del mondo narrato.

Copertina della Fanzine Ancalagon del 1961

L’articolo, infine, elenca undici titoli che rispecchiano i suddetti criteri – fra cui le opere di P. Anderson, J.R.R. Tolkien, R.E. Howard, A. Merritt – gran parte dei quali ormai sono considerate dei classici del fantastico. A riprova di quanto vivo fosse il dibattito sull’identità del genere Fantasy, nel successivo numero di Ancalagon furono pubblicate diverse risposte pervenute a Heap, alcune delle quali portano le firme di figure di spicco come De Camp o Fritz Leiber: in particolare quest’ultimo propose l’uso del termine Sword&Sorcery – ed è la prima attestazione che abbiamo del termine – per designare le storie di Conan e i relativi epigoni.

 

Il Fantasy degli anni ’50: una riflessione

Sarebbe un errore concludere, a fronte soltanto delle evidenze editoriali, che gli anni ’50 costituirono un periodo di stagnazione creativa per il Fantasy: se questo è vero de facto, soprattutto in considerazione dell’enorme produzione che sarebbe seguita nell’arco di un ventennio, è altresì giustificata l’affermazione che tale periodo brullo costituì comunque un substrato fertile fra i cultori del genere.

A noi, lettori del XXI secolo, la classificazione operata da Heap appare troppo semplicistica: la sua lista di titoli, pur manchevole di tante opere che avrebbero dovuto farne parte a buon diritto, rimane una testimonianza preziosa per avere un’idea dei libri circolanti nell’ambiente statunitense sul finire degli anni ’50 in un periodo in cui, vale la pena sottolinearlo, l’identità del fantastico andava via via definendosi con sempre maggior chiarezza.

Di lì a poco, complice la rivoluzione operata dall’introduzione nei mercati editoriali del libro in brossura, la situazione sarebbe radicalmente cambiata: la diffusione massiccia dell’opera di Tolkien avrebbe spianato la strada al Fantasy che, a partire dalla metà degli anni ’60, sarebbe cresciuto in popolarità senza conoscere più alcuna battuta d’arresto.

 


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NOTE

L’immagine in copertina è una foto della libreria di G. Cerniglia

[1] J. Clute, J. Grant, Encyclopedia of Fantasy (Orbit Books, 1997) consultato per il lemma ‘Magazine’

[2] J. Clute, J. Grant, Encyclopedia of Fantasy (Orbit Books, 1997) consultato per il lemma ‘Beyond Fantasy Fiction’

[3] J. Clute, J. Grant, Encyclopedia of Fantasy (Orbit Books, 1997) consultato per il lemma ‘Wollheim’

[4] A. Liptak, Donald Wollheim and the Ace Double Novel (2013) pubblicato su kirkusreview.com (url consultato a marzo 2025)

[5] J. Clute, J. Grant, Encyclopedia of Fantasy (Orbit Books, 1997) consultato per il lemma ‘Small Presses’

[6] A. Liptak, The Meteoric Rise and Fall of Gnome Press (2014) pubblicato su kirkusreview.com (url consultato a marzo 2025)

[7] G. Romeo, The Gnome Press Conan Serie: Tales of Conan by Robert E. Howard and L. Sprague de Camp (2021) pubblicato su spraguedecampfan.wordpress.com (url consultato a marzo 2025).

[8] Lin Carter, Heroic Fantasy (Fanucci, 1979)

[9] F. Vredenburh, Logical Sword&Sorcery: The Tritonian Ring by L. Sprague de Camp (2016) pubblicato su blackgate.com (url consultato a marzo 2025).

[10] Fancyclopedia.com, voce Hyborian Legion (url consultato a marzo 2025).

[11] G. Romeo, The Hyborian Legion: The Start of Conan Fandom (2023) pubblicato su spraguedecampfan.wordpress.com (url consultato a marzo 2025).

[12] Fancyclopedia.com, voce Amra (url consultato a marzo 2025).

[13] Fancyclopedia.com, voce George Heap (url consultato a marzo 2025).

[14] I volumi di Ancalagon sono disponibili gratuitamente alla consultazione su fanac.org (url consultato a marzo 2025)

About Giuseppe Cerniglia 2 Articles
Originario di Caccamo, borgo nell’entroterra palermitano, ma vive a Siracusa dove svolge la professione di ingegnere chimico. Ama viaggiare, esplorare le antichità mediterranee e raccontare storie: ha collaborato con l’associazione Italian Sword&Sorcery con recensioni, racconti e approfondimenti tematici.Ha gà esordito con "Ostraka" (Delos Digital, 2022) racconto lungo di fantasy mediterranea ambientato nel mondo di Roma Antica.