Addio Ken: ottantiano senza tempo

Alcuni artisti ci hanno accompagnato sin dai primi giorni che abbiamo mostrato la nostra passione per il mondo del fantasy e del fantastico in generale. Basti pensare a Frazetta, Edwards o JC Jones; … dei maestri, autori di ricordi intramontabili, capaci di dare un contributo concreto al pensiero di rendere materia più viva possibile tutte le suggestioni che le nostre sensibilità trattenevano soprattutto dai romanzi, ma in seguito anche dai giochi di ruolo. Ken Kelly è innegabilmente parte integrante di questo disegno. Se Alan Lee, John Howe, Keith Parkinson hanno applicato lungo gli anni ’80  le bellezze pittoriche e sfumate di Rakham o Dulac alla grande Fantasy Classica, Ken Kelly ha invece riassunto in grande stile tutta la potenza muscolare dei frazettiani come Jeff Easley, tenendo conto che frazettiano lui lo è stato a buon titolo e non solo come nomina di proselitismo, essendo nipote acquisito e allievo del grande Frank. Ha avuto l’opportunità di rubare i segreti al maestro e zio e ne ha fatto tesoro. E’ innegabile che Ken Kelly, dedicandosi a soggetti come Tarzan o Conan, proprio come Frazetta abbia cercato il “Trionfo dell’attimo” e del titanismo delle posture superomistiche, espresse nella più esplosiva tensione muscolare che da sempre – con assoluta nobiltà – è stato il punto fermo di Frazetta. Ma Kelly ha cercato anche una sua voce e un punto di incontro con gli artisti più narrativi e plurali, che amavano riprodurre spesso i “Party” di eroi avventurieri e più che il “trionfo dell’attimo”, quest’ultimi, hanno cercato il suggerimento di una narrazione lunga espressa nell’attimo, come avviene in Larry Elmore e Tod Lockwood, così come Vallejo e Julie Bell, apparentemente frazettiani – e non si esclude che lo siano in parte –  abbiano invece riprodotto opere con il principio di dimostrare che leggerezza e grazia non esclude necessariamente potenza; che armonia e forza sono la stessa cosa, così come vigore muscolare e bellezza. Per questo motivo in Vallejo e in Bell, i soggetti, pur essendo fisicamente importanti come nei frazettiani, non risultano mai titanico-superomistici.

Se Elmore e Lockwood sono ottantiani per eccellenza, Kelly è stato “l’ottantiano senza tempo” indiscusso, o per esser più precisi; quell’ottantiano che ha saputo rendere ottantiane suggestioni sessantiane e settantiane, ottenendo pertanto una bellezza eterna nel mondo dell’illustrazione tematica moderna. Opere come People of the Black Circle e The End of Death sono condivise tutt’ora settimanalmente da pagine e siti come se fossero appena uscite. E con Hour of the Dragon, Triumph of Steel e Barbaryans, il Kelly si è seriamente imposto nel paragonarsi a Frazetta giocandosela alla pari per potenza espressiva e atmosfera. Per la prima volta, Frazetta, non è stato irraggiungibile per un frazettiano, e non è questo un affare da poco. Per noi è tuttavia anche un punto di raccordo con il grande mondo dell’Heavy Metal e dell’Hard Rock, essendo egli legato a band come Kiss, Rainbow, Manowar o Jack Starr’s Burning Star. Non vorrei che questo fosse un addio, e forse in fondo non lo è del tutto. Non si può dire mai davvero addio a chi è senza tempo.

Riferimenti

Metal Italia – Manowar, Kiss e Rainbow: è morto l’artista Ken Kelly

Pubblicato da Pat Antonini

Ha studiato letterature e lingue straniere moderne. Collabora stabilmente con Hyperborea, Centro Studi Eurasia-Mediterraneo, Dragonsword e Punto di Fuga.